Il 6 maggio del 1976 era una serata calda e limpida e nulla lasciava presagire quello che stava per accadere.
Aldo era solo un bambino e viveva a Venzone proprio di fronte al Duomo: alla prima scossa, insieme alla sua famiglia, si precipitò fuori e proprio lì dalla strada, incredulo e scosso, vide con i propri occhi la devastazione della scossa delle h21.
Nelle alte valli del Tagliamento, una antica leggenda narra che, nelle vicine montagne, si nasconde un gigante cattivo, l’Orcolat, il terrore di ogni bambino, capace di tremendi urli e devastazioni e proprio quella notte, insieme alla terra, decise di ribellarsi.
Molti conoscono la nostra regione proprio per quel tragico evento e per tutte le conseguenze che ne derivarono: più di 1000 morti, una distruzione apocalittica in un’area molto vasta, una comunità intera che cercò di reagire all’unisono.
Sono passati quarant’anni e tutti coloro che sono nati prima del sisma, anche se non colpiti direttamente, hanno un ricordo personale legato a quei mesi: sensazioni e paure difficili da dimenticare, come la polvere che ricopriva tutto…
Le immagini scattate, sono capaci di riportarci in quei giorni tragici, ma bisogna visitare Venzone, per capire qualcosa di più, camminare tra le sue case, parlare con i suoi abitanti e visitare Palazzo Orgnani Martina, sede di Tiere Motus, il museo dedicato al terremoto.
Entrare oggi nel Duomo, poterlo visitare e apprezzare la sua bellezza “ferita” (perché i segni del terremoto si leggono ovunque), colpisce come pochi luoghi sanno fare.
Venzone aveva dunque una storia lunga e affascinante, un tessuto architettonico ricco e stratificato, tanto che nel 1965 venne dichiarato Monumento Nazionale: tutto ciò venne gravemente colpito nel maggio del 76, ma tutto venne raso al suolo dalle successive scosse di settembre; pur nella distruzione, questa fu una fortuna, in termini di vittime, perché il paese era già stato abbandonato.
Nel momento della ricostruzione la popolazione e gli amministratori presero una decisione importante: ricostruire Venzone dov’era e com’era, affidandosi alle fotografie, documenti storici, progetti conservati e filmati realizzati prima del terremoto.
Le pietre e i particolari architettonici vennero numerati e ricollocati al loro posto, con un intervento di anastilosi lungo e difficile, che però ha permesso di far rinascere il paese.
I proprietari hanno rinunciato a parte dei loro diritti, ma hanno riavuto le loro case e il loro borgo, come se il terremoto fosse stato solo un brutto incubo.
Il risultato di tutto questo è sotto i nostri occhi: camminando tra le vie del paese, si capisce come la caparbietà della sua gente e il senso di comunità abbiano potuto sconfiggere anche l’Orcolat.
Un ringraziamento sincero va alla ProVenzone, ad Aldo e alla sua missione di continuare a rievocare, per tutti coloro che non l’hanno vissuta, quella esperienza indelebile della sua esistenza e del suo paese, e poter testimoniare che, anche dal dolore e dalla devastazione, può nascere una nuova vita.
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