“Come si può capire il margine se non osservandolo da un altro margine?” Luigi Nacci
I confini sono un luoghi misteriosi e poco frequentati, strani spazi, dove le cose, le genti e le culture vengono separate, rimanendo indissolubilmente in contatto.
Un luogo ibrido, una costruzione artificiale e per lo più invisibile, capace però di condizionare la vita e lo sguardo di tanti popoli.
Anche le Valli del Natisone hanno subito tutto questo: la costruzione politica dei confini, iniziata con la Grande Guerra e conclusasi poi nella Seconda Guerra Mondiale, hanno interrotto anche se solo apparentemente i rapporti che da sempre influenzavano questo territorio, quelli con le popolazioni slave.
Uno stare fianco a fianco, senza poter comunicare liberamente, come era avvenuto per secoli, diventare parti distinte di un sistema complesso e difficile da interpretare e comprendere fino in fondo.
Il confine è una barriera che ha creato un tempo sospeso e di attesa, difficile da spiegare, bisogna solo viverlo, provarlo.
E noi l’abbiamo fatto, anche alla ricerca di luoghi isolati e selvatici, che ci piacciono, ma che in questo periodo così particolare permettono un turismo lento, a contatto con la natura e senza folla : abbiamo risposto al richiamo che da sempre le Valli del Natisone esercitano su di noi e ci siamo incamminate sul loro confine.
A Masseris, un paesino fuori dal tempo alle pendici del Matajur, abbiamo scelto, nella rete dell’Albergo Diffuso ( che conta numerose possibilità di alloggio in tanti dei borghi disseminati nelle Valli del Natisone ) la struttura che si chiama “il Riccio e il Gufo”. Due camere in una vecchia casa di pietra, nel silenzio del borgo, con vista sul mare!
Perché sembra impossibile, ma lassù basta una bella giornata e l’Adriatico luccica davanti ai tuoi occhi.
Il borgo all’apparenza spopolato, in realtà sospeso tra un passato fatto di ruderi e un presente fatto da persone caparbie, che mai lascerebbero questi luoghi.
Il confine è lì, ti circonda, una cortina invisibile a pochi km oltre Polava e oltrepassarlo per raggiungere Livek ( Luico ) è veramente entrare in un’altra dimensione.
“Perché questo è, che separa il possibile dall’impossibile: un confine disegnato a caso e in un certo momento, come quelli tra una nazione e l’altra, che sembrano chissà cosa, ma poi ci arrivi e sono solo una striscia bianca in terra con un paio di militari di qua e un paio di là, vestiti diversi” Fabio Genovesi
La strada si assottiglia, le garritte ora sono vuote e la natura tra rovi ed erbacce sembra volersi riprendere i suoi spazi, ma un tempo passare da qui e andare oltre, era tutt’altro che semplice.
La vallata che si apre dall’altra parte è profondamente diversa, ma allo stesso tempo simile nelle case, nella natura, nel cibo… essere accanto, ma distanti allo stesso tempo, forse solo le foto possono rendere in parte questa sensazione.
Se volete provare la cucina slovena vi consigliamo “Jelenov breg pod Matajurjem” troverete tutto quello che il territorio può esprimere, dalla selvaggina alle erbe spontanee.
Il mattino dopo ci siamo inoltrate nel bosco: abbiamo camminato sul vecchio sentiero che unisce Polava a Topolò ,a piedi come un tempo, sulla via che metteva in comunicazione le vallate di Savogna e Grimacco ( sentiero n.745 1.30h circa )
Un’immersione nella natura, tra faggi e castagni, con la nostra meta celata fino all’ultimo, solo i rintocchi delle campane a preannunciarci l’arrivo.
Topoló è luogo magico: rivive ogni anno l’utopia di un Festival, ogni estate riapre la sua Stazione POSTAJA TOPOLOVE,
che riporta quassù artisti e pubblico, da ogni parte del mondo ( vedi Topolò, ascolta il suo silenzio ).
Insomma anche questa volta le Valli del Natisone hanno saputo sorprenderci ed emozionarci.
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