Vi raccontiamo una storia fantastica di viandanti, fatta di disperazione, coraggio e sogni: è la storia dei Guziranje.
Le Valli del Natisone nascondono realtà storiche ed economiche, che si sono perse, anche nella memoria delle genti, ma che riaffiorano nei luoghi e grazie anche alla tenacia di alcuni, sopravvivono.
Era la disperazione
Era il coraggio
Erano i sogni
Siamo agli inizi del Settecento, nel Veneto della Serenissima, a Bassano del Grappa più precisamente: la famiglia Remondini costruisce un impero fondato sulla stamperia di immagini sacre e scene reali, stampe non fini, di poco prezzo, ma accessibili al popolo e per questo ben vendibili. Era un’epoca in cui i quadri erano alla portata solo dei nobili e della Chiesa, ma le immagini di carta erano preziose e ricercate da tutti, perché meno costose.
Un commercio florido affidato agli ambulanti, i “pertenganti”, per lo più della zona di Tesino (TN), che a piedi raggiungevano le zone più isolate della Serenissima, ma si spingevano anche oltre confine. Era un’immigrazione solo temporanea: partivano contando di tornare alle loro famiglie e alle loro terre, un sistema per arrotondare in un’ economia povera.
Ma i Remondini volevano raggiungere anche i mercati dell’Est e capiscono che gli abitanti delle Valli del Natisone, che parlano le lingue slave, sono il mezzo giusto per raggiungere più facilmente quei paesi lontani.
Da qui nasce un sodalizio che durerà circa un secolo:
i Guziranje, così si chiamavano questi ambulanti, con il loro zaino di legno, pieno di cassetti e con le loro preziose immagini
Erano viaggi che iniziavano a primavera, gli uomini partivano in piccoli gruppi, un commercio stagionale che dette sostentamento a tante famiglie, aprendo vie e scambi, in un’Europa lontana dal divenire.
Tra Tribil inferiore e Tribil Superiore, siamo nel comune di Stregna, ancor oggi rimane il segno della Urataca – la porta, il punto da cui partiva il viaggio di questi ambulanti.
Solo ripercorrendo questi sentieri, che rappresentano la parte iniziale del loro viaggio, ci si può avvicinare, quasi immedesimare nei loro pensieri e nelle loro aspettative.
Come i moderni migranti, i Guziranje sfidavano l’ignoto, spinti dalle necessità e nella speranza di una vita migliore, con il loro carico di sogni di carta…
Molti ce la fecero, qualcuno purtroppo non riuscì a tornare, ma ci fu anche qualcuno, come Mattheus Ruttar, la cui storia meriterebbe un libro, che decise di fermarsi, forse perché i paesaggi della Georgia gli ricordavano tanto le Valli:
in fondo la betulla si chiama “breza” dal Natisone agli Urali.
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